Udienza a luglio per boss storici, colletti bianchi e killer dei barcellonesi protagonisti dell'ultima inchiesta su vecchi casi di lupara bianca
MESSINA – Si aprirà in piena estate il vaglio preliminare per i 9 indagati dell’operazione “Inganno”, l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Messina che, attraverso le indagini dei Carabinieri del Ros e le dichiarazioni dei pentiti, ha fatto luce piena su 13 omicidi di mafia. Per tutti, alla fine degli accertamenti, il pool di magistrati antimafia ha chiesto il rinvio a giudizio. Ad esaminare la richiesta sarà la giudice per l’udienza preliminare Arianna Raffa il prossimo 9 luglio.
Tutti i nomi

Al cospetto dei giudici ci saranno il boss storico della famiglia, Giuseppe “l’avvocaticchio” Gullotti, il reggente Salvatore “Sam” Di Salvo, Nicola Cannone e Stefano “Stefanino” Genovese, Giuseppe Isgrò, considerato il cassiere del gruppo alla fine del secolo scorso, Carmelo Mastroeni e Vincenzo Miano. Il pool di magistrati che si occupa della mafia barcellonese, i Pubblici Ministeri Francesco Massara e Fabrizio Monaco sotto il coordinamento Vito Di Giorgio, ha chiesto il rinvio a giudizio anche dei due pentiti che hanno contribuito alle indagini e che si sono auto accusati di aver preso parte a vario titolo ad alcuni dei delitti, Salvatore Micale e l’ex boss Carmelo D’Amico.
La dissociazione di Di Salvo

Oltre ad aprire squarci di luce su parte di quelle vicende di sangue, rimaste nell’ombra per decenni, l’operazione Inganno registra un’altra pagina clamorosa: ovvero il primo episodio di “collaborazione” tra Sam Di Salvo e lo Stato. Chiuso nel silenzio al 41 bis per anni, il “colletto bianco” Di Salvo, alla fine degli accertamenti, ha chiesto di poter rilasciare alcune dichiarazioni alla Procura, per chiarire alcuni fatti che gli vengono contestati e rendere la sua versione anche su altri episodi che non lo vedono direttamente coinvolto. In sostanza Di Salvo ha “smentito” D’Amico su alcuni punti specifici. I suoi verbali, resi alla presenza del difensore, l’avvocato Tindaro Celi, sono entrati negli atti dell’inchiesta. Impegnati nelle difese anche gli avvocati Tommaso Autru Ryolo, Diego Lanza, Giuseppe Lo Presti, Antonietta Pugliese, Rosolino Ulizzi, Maurizio Marchetta, Franco Bertolone, Filippo Barbera, Giuseppe Cicciari e Cettina Fasolo.
L’operazione Inganno

Il blitz con 7 arresti è scattato a gennaio scorso. L’indagine ricostruisce i retroscena di 13 delitti avvenuti tra il ’92 e il ’98 grazie alle dichiarazioni di vecchi e nuovi pentiti, in particolare grazie ai racconti dell’ultimo collaboratore di giustizia che giura di aver lasciato Cosa Nostra di Barcellona, ovvero Salvatore Micale. Agli atti anche le dichiarazioni di D’Amico appunto, di Carmelo Bisognano e di altri pentiti.
Quegli omicidi di mafia come film dell’orrore
L’operazione viene denominata Inganno perché un inganno è proprio quello che ha portato alla morte Antino Accetta e Giuseppe Pirri. Un delitto degno di un film dell’orrore, titolarono i giornali quel giorno di fine gennaio del 1992. Era la mattina del 21 e una telefonata anonima avvisò le forze dell’ordine del fatto che all’ingresso del cimitero di Barcellona c’erano due cadaveri. Quando le divise arrivarono, trovarono i corpi senza vita dei due giovani stesi sotto un altare di pietra sormontato da una enorme croce. Due giovanissimi, puniti con la morte per piccoli furtarelli.
