I principali capi mafia barcellonesi sono in carcere, così erano subentrati i figli. E dopo un ventennio di estorsioni, il principale business era diventato il traffico di droga
Associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, violenza e minaccia, con l’aggravante del metodo mafioso.
Dopo le operazioni Mare Nostrum, Icaro, Eris, Vivaio, Pozzo, Gotha, che hanno decimato la famiglia mafiosa barcellonese, erano subentrati figli e nipoti, una “dinastia”. Da qui il nome dell’operazione odierna che ha portato all’arresto di 59 persone (di cui 14 già in carcere) ad opera dei carabinieri di Messina, di Barcellona e del Ros, su ordinanza del giudice del Tribunale di Messina e richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Messina.
Una mafia che operava a Barcellona e sul Tirreno messinese, storicamente collegata alla mafia palermitana e catanese, tra le più sanguinarie e meglio organizzate militarmente del panorama mafioso messinese.
LE ESTORSIONI
Da un lato c’erano nuovi affiliati, che operavano tante estorsioni, come da “tradizione” ventennale e classico metodo mafioso fatto di minacce e danneggiamenti. Ricostruiti altri sei episodi: una ditta di onoranze funebri a Barcellona (contestata a Carmelo Vito Foti), una concessionaria di auto a Barcellona (contestata ad Angelo Porcino), una struttura ricettiva di Milazzo (contestata a Vito Vincenzo Gallo), una discoteca di Furnari (contestata a Vito Vincenzo Gallo e Salvatore Bucolo), un’altra concessionaria di auto (contestata a Vito Vincenzo Gallo), due vincitori di 500mila euro in un centro scommesse di Barcellona (contestata a Massimiliano Munafò, che era riuscito a farsi dare l’1 %, 5mila euro).
LE NUOVE LEVE E IL TRAFFICO DI DROGA
Dall’altro è emerso come le nuove leve del clan, tra cui alcuni dei figli dei principali capi mafia barcellonesi, oramai da lungo tempo detenuti, erano a capo di una struttura criminale che operava con metodo mafioso, nel traffico e nella distribuzione di ingenti quantitativi di cocaina, hashish e marijuana, nell’area tirrenica della provincia di Messina, isole Eolie comprese, anche rifornendo ulteriori gruppi criminali satelliti, attivi nello spaccio ai minori livelli.
Parte delle prove è arrivata dal riscontro delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Carmelo D’Amico, Francesco D’Amico, Franco Munafò, Bernardo Mendolia, Aurelio Micale e Alessio Alesci.
LA SVOLTA DEL 2013
Nel 2013, in un incontro nella frazione di Spinesante, i vertici rimasti in libertà, tra cui Francesco Aliberti, Lorenzo Mazzù, Domenico Chiofalo e Aurelio Micale, decisero di mettere le mani sul controllo del traffico di stupefacenti, allo scopo di integrare gli introiti dell’attività estorsiva che in quel periodo si era rivelata particolarmente rischiosa e non più remunerativa come in passato. I proventi del traffico di stupefacenti erano destinati anche al sostentamento degli affiliati al clan detenuti e delle loro famiglie.
LA GESTIONE MAZZU’
In una prima fase lo gestivano i fratelli Lorenzo e Carmelo Mazzù, che diventarono monopolisti del mercato all’ingrosso e provvedevano allo smercio sul territorio attraverso i piccoli distributori locali che erano obbligati a comprare la droga solo dal sodalizio barcellonese; coloro che disponevano di autonomi canali di approvvigionamento di narcotico, invece, erano obbligati a corrispondere una “quota” percentuale al gruppo barcellonese per essere “autorizzati” a spacciare sul territorio.
LA GESTIONE ALESCI
Dopo l’arresto dei fratelli Mazzù, avvenuto nel luglio 2013, le redini del sodalizio criminale furono assunte da Alessio Alesci, a sua volta arrestato con l’operazione Gotha V, che lo ha portato a collaborare con la giustizia. Ad Alesci fu sequestrato il registro contabile del gruppo, con le liste dei nomi degli acquirenti e le cifre incassate dallo spaccio.
I FIGLI DEI CAPI MAFIA STORICI
A seguito dei vuoti di potere causati da questi arresti, sono quindi emersi i figli di alcuni dei capi mafia storici: Nunzio Di Salvo, figlio di Sam Di Salvo, Vincenzo Gullotti, figlio del capo della famiglia mafiosa barcellonese, Giuseppe Gullotti, e Cristian Barresi, figlio di Eugenio Barresi e nipote del defunto boss Filippo Barresi, che hanno assunto ruoli di rilievo nel traffico di stupefacenti, gestito con metodo mafioso per regolare le controversie e i rapporti con altri qualificati gruppi criminali calabresi e catanesi fornitori. La distribuzione avveniva poi nell’area tirrenica della provincia di Messina, anche attraverso gruppi minori, autorizzati a spacciare sul territorio a Milazzo, Terme Vigliatore e a Lipari.
LIPARI, TERME VIGLIATORE E MILAZZO
Le indagini dei Carabinieri di Terme Vigliatore e di Lipari, confluite nel procedimento Dinastia, hanno consentito di acquisire rilevanti riscontri. A Lipari sono stati individuati due distinti gruppi criminali facenti capo l’uno a Simone Mirabito e l’altro ad Andrea Villini e Antonino Iacono, che agivano in regime di duopolio servendo la clientela dell’isola.
A Terme Vigliatore, a capo del gruppo c’era Pietro Caliri, che usava come base logistica il suo bar, “Il Ritrovo”, sequestrato perché vendeva anche droga.
Il gruppo di Milazzo condivideva i canali di approvvigionamento dei barcellonesi ed era composto da Francesco Doddo, Giovanni Fiore, Francesco Anania, Gjergj Precj e Sebastiano Puliafito.
APPROVVIGIONAMENTO A MESSINA, CATANIA E LOCRI
Dove i canali di approvvigionamento? Messina e le province di Catania e Reggio, in particolare l’area della locride. Il gruppo calabrese faceva capo a Giuseppe Scalia, che consegnava in Calabria la droga ai corrieri barcellonesi e milazzesi. Lo Stretto veniva attraversato a volte con auto a noleggio, altre in scooter, altre ancora a piedi, con zaini e borsoni carichi di droga.
A Catania, invece, c’era Salvatore Laudani, che era in contatto con i clan Pillera – Puntina e Mazzei, in grado di assicurare forniture di marijuana da 7 o 8 chili a volta. Il gruppo della frazione barcellonese di Fondaconuovo, invece, si approvvigionava ad Adrano (Ct), da Vincenzo Rosano, detto lo “zio Vincenzo”.
A Messina il rifornitore principale era Francesco Turiano, del clan di Mangialupi, che aveva consegnato enormi quantità di stupefacenti ai fratelli Mazzù e al gruppo di Alesci.
LE ARMI
L’associazione aveva anche una consistente disponibilità di armi. Nel 2014, ad esempio, fu sequestrato a Milazzo un arsenale interrato a casa della famiglia Anania, il cui ruolo è stato delineato dal collaboratore di giustizia Francesco D’Amico, specialmente per Francesco Anania, ex carabiniere da tempo detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.
LE NUOVE POSIZIONI
Tra i 58 arrestati (più uno che è all’estero), ci sono persone da tempo appartenenti all’organizzazione, la cui posizione è stata ora delineata anche grazie al riscontro delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia: Luciano Fugazzotto (componente del gruppo di fuoco), Sebastiano Puliafito (ex agente di polizia penitenziaria, attivo per estorsioni e traffico di droga e tra gli arrestati dell’operazione Nemesi, l’anno scorso, per l’omicidio di Stefano Oteri), Giovanni Crinò (attivo per la gestione di latitanti e le estorsioni), Francesco Anania (ex carabiniere, appartenente all’associazione sin dagli anni ’90, ottenendo uno stipendio in cambio di informazioni riservate sulle indagini).
GLI ARRESTATI
Francesco Anania (53 anni), Cristian Barresi (32 anni), Carmelo Benenati (34 anni), Daniele Salvatore Bertolami (33 anni), Salvatore Bucolo (31 anni), Pietro Bonfiglio (49 anni), Mariano Calabrò (34 anni), Alessandro Calderone (22 anni), Dylan Seby Caliri (22 anni), Pietro Caliri (48 anni), Carmelo Cannistrà (26 anni), Salvatore Felice Chillari (42 anni), Antonino Chiofalo (23 anni), Carmelo Chiofalo (40 anni), Giovanni Crinò (34 anni), Nunzio Di Salvo (34 anni), Francesco Duilio Doddo (56 anni), Claudio Febo (39 anni), Giovanni Fiore (30 anni), Marco Formica (31 anni), Carmelo Vito Foti (53 anni), Luciano Fugazzotto (56 anni), Vito Vincenzo Gallo (39 anni), Filippo Genovese (33 anni), Mattia Giardina (20 anni), Tindaro Giardina (33 anni), Nunzio Antonio Grasso (45 anni), Vincenzo Gullotti (27 anni), Antonino Iacono (25 anni), Maurizio Iannello (31 anni), Francesco Iannello (35 anni), Salvatore Laudani (40 anni), Samuele Marino (29 anni), Carmelo Mazzù (31 anni), Lorenzo Mazzù (34 anni), Simone Mirabito (29 anni), Massimiliano Munafò (50 anni), Edomond Ndoj (41 anni), Matias Jesus Piccolo (26 anni), Salvatore Piccolo (53 anni), Angelo Porcino (63 anni), Gjergj Preci (33 anni), Giuseppe Puliafito (29 anni), Sebastiano Puliafito (54 anni), Carmelo Quattrocchi (44 anni), Antonino Recupero (29 anni), Vincenzo Rosano (51 anni), Giuseppe Scalia (50 anni), Francesco Scarpaci (29 anni), Carmelo Tindaro Scordino (57 anni), Tindaro Santo Scordino (53 anni), Andrea Sgroi (24 anni), Giovanni Sofia (36 anni), Sergio Spada (39 anni), Filippo Torre (53 anni), Giuseppe Torre (25 anni), Francesco Turiano (35 anni), Andrea Villini (24 anni).